Il Venerdì Santo almeno sei italiano su dieci non mangeranno carne per rispetto della tradizione cristiana. Per buona parte della storia della Chiesa, la carne è stata scelta come sacrificio degno per via della sua associazione a feste e celebrazioni. Nelle culture più antiche la carne era ritenuta una prelibatezza e il “vitello grasso” veniva ucciso solo in caso di festeggiamenti. Visto che il venerdì era considerato un giorno di penitenza e mortificazione, mangiare carne di venerdì per “festeggiare” la morte di Cristo non sembrava opportuno. Le leggi sull’astinenza considerano che la carne derivi solo da animali “di terra” come polli, mucche, pecore o maiali, volatili compresi.
Una tradizione che sarà rispettata dal 60% degli italiani che opteranno per un menù a base di pesce, secondo un’indagine Coldiretti/Ixè sui consumi degli italiani a Pasqua secondo la quale a prevalere nei menu di pesce sarà per oltre l’80% il pescato dei nostri mari. “Ad essere preferito in questa occasione – precisa la Coldiretti – è soprattutto il pesce azzurro, dalle alici alle sardine fino agli sgombri venduti a prezzi contenuti secondo i criteri di sobrietà richiesti dalla ricorrenza, senza tuttavia rinunciare al gusto e alla salute per l’elevato contenuto di grassi insaturi e in particolare del tipo omega tre”.
Tra i piatti di pesce del Venerdì Santo ogni parte d’Italia segue una tradizione locale, con zuppe di pesce che assumono nomi differenti a seconda delle regioni e che nel nord Adriatico si consumano assieme alla polenta, fino alle ricette tipiche regionali come le alici scottadito con o senza pan grattato, o le sarde in saor con cipolla (tipica ricetta veneta), le seppie con i piselli, fagioli e cozze (ricetta pugliese), vongole e ceci (ricetta marchigiana), la ministra di pesce con gallinelle e ghiozzi, le uova sode col tonno o gli spaghetti al ragù di mare.