Quanto impatta la produzione alimentare sul nostro pianeta? Uno studio mostra come la terre cambierebbe se cambiassimo qualcosa.
La sigla di The bing bang Theory riassume in poco meno di 30 secondo quando la nostra specie sia ingombrante per il pianta. Un inizio lento di immagini e musica fino a quando si deve mostrare la normale evoluzione del pianeta, tutto diventa velocissimo ai limiti del stroboscopico quando entra in scena l’uomo. Le scoperte scientifiche, le guerre, la tecnologia, è tutto estremamente veloce.
Talmente veloce che la terra non può stare più al nostro passo. Con le nostre attività, in particolare dalle rivoluzioni industriali in poi, abbiamo modificato i tre quarti dell’ambiente terreste e oltre il 60% di quello marino. Ogni anno, con sempre più anticipo, la terra entra in shotdown, cioè in riserva nella produzione di cibo.
In tutto questo, la buona notizia è che possiamo ancora fare qualcosa per salvare il nostro habitat. Un recente studio di Nature Sustainabilty, ha inscenato diverse ipotesi che mostrano come potrebbe cambiare il pianeta in base alla produzione di cibo.
Impatto produzione alimentare sul pianeta, 6 scenari possibili
Tre sono gli elementi base a cui lo studio ha portato: la riduzione del consumo di alimenti di origine animale, il dimezzamento dello spreco alimentare e l’ottimizzazione di commercio e produzione.
Scenario n.1; non facciamo niente. Continuiamo a produrre e a consumare allo stesso modo, la popolazione mondiale aumenta, ma gli stili di vita non cambiano. Il risultato? Perdiamo habitat in tutti i continenti, ma a risentirne soprattutto Africa e Argentina.
Scenario n.2; i Paesi più ricchi cominciano a ridurre il consumo di carne, mentre i più poveri lo aumentano. La situazione resta grave, ma cominciamo a recuperare habitat in Europa, Asia e Nord America. La situazione migliora anche in Africa e Sud America.
Scenario n.3; dimezziamo lo spreco alimentare entro il 2050. Riduciamo ancora la perdita di habitat, la situazione peggiore resta comunque l’Africa.
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Scenario n.4; ottimizzazione del commercio, ovvero spostiamo la produzione di cibo dai 25 Paesi che hanno subito la più grave perdita di biodiversità. Alleviamo la pressione nei Paesi a rischio, ma la situazione a livello globale continua a peggiorare.
Scenario n.5; si aumenta il rendimento dei terreni. In questo caso si utilizzano le tecnologie per portare i terreni all’80% del loro massimo potenziale di produzione entro il 2050. È il primo scenario in cui si comincia a recuperare habitat e le perdite in Africa e Sud America sono minime.
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Scenario n.6; in questo ultimo scenario adottiamo tutte le soluzioni insieme. Quindi, modifichiamo le nostre diete, dimezziamo lo spreco, ottimizziamo commercio e rendimento produttivo. Se riuscissimo ad applicare questa metodologia riusciremmo a recuperare territori grandi quanto India e Germania messe insieme. Habitat e biodiversità non solo smettono di ridursi, ma tornano ad aumentare in tutti i continenti.