Dinanzi ad un piatto di pasta è facile sentirsi dire “io l’avrei fatta cuocere un minuto in più”, oppure “è troppo al dente”, o ancora “era meglio scolarla un po’ prima”. Ad ognuno piace una cottura diversa.
Ma che differenza c’è tra la pasta al dente e la pasta scotta?
Per cottura al dente s’intende la pasta che oppone una certa resistenza alla masticazione, leggermente elastica. Quando invece è più appiccicosa significa che abbiamo superato i tempi di cottura indicata sulle confezioni. Ovviamente i tempi consigliati sono puramente indicativi e per verificare il grado di cottura è sempre utile assaggiarla prima di spegnere il gas. Inoltre non tutti sanno che la pasta continua la cottura anche quando viene scolata e adagiata nei piatti, seppur in modo minore che in pentola.
La cottura al dente è solitamente suggerita quando la preparazione richiede una successiva mantecatura in padella o a freddo. Se la vostra ricetta prevede un secondo tempo di preparazione, calcolate i tempi in anticipo per evitare che il vostro piatto si trasformi in una colla.
La digeribilità è favorita dal grado di cottura. Una cottura prolungata provoca il rilascio dell’amido nell’acqua di cottura quindi la perdita delle proprietà nutrizionali. La pasta al dente ha un basso indice glicemico. Una pasta cruda non risulta digeribile perché non è attaccabile dagli enzimi digestivi. La pasta scotta, infine, nel tubo digerente tende a formare un impasto colloso che non consente la digestione. Quindi la cottura preferibile è quella al dente, la giusta via di mezzo tra cruda e scotta.
Infine un ultimo consiglio per quanto riguarda il sale che molti ma non tutti conoscono. Il sale va aggiunto quando l’acqua comincia a bollire, quindi poco prima di aggiungere la pasta. La dose consigliata è di 8 grammi ogni 100 grammi di pasta.