In Italia esistono così tanti formati di pasta che conoscerli tutti è davvero difficile: noi vi raccontiamo la storia degli strozzapreti.
Regione italiana che vai, piatto tipico che trovi… o meglio, formato di pasta tipico che trovi. Dalla Puglia alla Sardegna, dal Lazio alla Liguria, i formati di pasta fresca e secca sono tantissimi, alcuni dei quali con una storia e delle radici piuttosto antiche. Nel centro Italia, ad esempio, è molto diffuso un formato di pasta fresca che comunemente prende il nome di strozzapreti e che può subire alcune variazioni in base alla regione di provenienza. Gli strozzapreti in Umbria si trasformano in strangozzi, in Trentino in strangolapreti ma la radice, insomma, rimane la stessa: un formato di pasta che, in qualche modo, dovrebbe far strozzare i preti.
Strozzapreti: erano tutti invidiosi del clero?
Ma qual è l’origine di questo peculiare nome? A tal proposito sono state avanzate numerose ipotesi, tutte piuttosto interessanti. Secondo alcuni si tratterebbe di un riferimento alla prelibatezza del piatto, preparato in occasioni di festa e destinato agli esponenti di clero e borghesia. Per questa ragione i mariti delle massaie, costretti a mangiare la solita zuppa mentre le mogli preparavano questi gustosi maccheroncini, avrebbero augurato ai preti di strozzarsi per invidia.
Secondo altri sarebbe stata la dura consistenza del formato di pasta a dargli il nome: lo strozzaprete, in effetti, ha una pasta dura e pesante e, imbevuto di sugo, potrebbe risultare difficile da mandar giù, fin quasi a strozzarsi! Altri ancora pensano che il nome derivi dalle maledizioni che le massaie, rimaste senza uova dopo che il prete gliele aveva rubate tutte, mandavano agli stessi mentre lavoravano l’impasto di acqua e farina.
Tanti nomi, un solo formato di pasta
Qualunque sia l’origine del nome il risultato non cambia: questo formato di pasta è oggi considerato uno dei più celebri nel Bel Paese, tanto da essere preparato in numerose varianti e con altrettanti condimenti. Tra le prime attestazioni letterarie, però, li troviamo cotti “cor zughillo“, come afferma il poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli, vissuto tra fine ‘700 e ‘800. Si trattava di un sugo napoletano arricchito con carne stufata: una vera e propria prelibatezza destinata a pochi e a poche occasioni. E a voi, invece, come piacciono?