Il caso delle patatine fritte di Burger King e come la contaminazione incrociata può compromettere la sicurezza alimentare per chi soffre di celiacità o intolleranza.
Il concetto di fast food è ormai parte integrante della nostra vita quotidiana. Si tratta di un pasto preparato in tempi rapidissimi, dove l’ordinazione alla cassa si trasforma velocemente in un piatto pronto da consumare. Sebbene questo modello sia ideale per chi ha poco tempo, per coloro che soffrono di intolleranze alimentari, la situazione può complicarsi.
Un esempio lampante riguarda chi è intollerante al glutine, una proteina presente in molti cereali come grano, orzo, segale e avena. Per questi consumatori, anche un cibo apparentemente innocuo come le patatine fritte potrebbe non essere sicuro. Abbiamo parlato di recente dei prodotti senza glutine, le etichette alimentari ingannevoli e i rischi per la salute.
Tocchiamo ora un altro tema, che è appunto molto importante per la salute, ovvero ciò che realmente accade nei fast food e nello specifico con le patatine fritte, considerate quasi sempre un pasto sicuro da consumare. Proprio all’interno di un locale che funge da tavola calda si è consumato un episodio di celiachia e discriminazione: il comportamento di una cameriera fa arrabbiare il cliente.
Altro caso che ha fatto discutere molto anche in passato riguarda le patatine fritte di Burger King, che, nonostante siano una delle opzioni più comuni nei fast food, non sempre sono prive di glutine. Pur non contenendo direttamente glutine tra gli ingredienti, il problema principale risiede nel fatto che vengono fritte nello stesso olio utilizzato per altri piatti che contengono glutine.
Burger King stessa ammette che le sue patatine, pur non avendo grano, orzo, segale o avena nella loro composizione, sono preparate nello stesso olio utilizzato per friggere altri alimenti come anelli di cipolla, bocconcini di pollo e filetto di pesce. Questa contaminazione incrociata rende difficile per chi ha una sensibilità al glutine sapere se il cibo sia sicuro o meno.
Nello specifico delle patatine fritte, il rischio di contaminazione incrociata con glutine è elevato, poiché il processo di frittura in olio condiviso tra vari piatti può trasferire piccole tracce di glutine dalle altre preparazioni. Questo scenario crea un dilemma per chi ha una intolleranza al glutine o è affetto da celiachia, una condizione autoimmune che causa danni all’intestino quando viene ingerito glutine.
Ma Burger King non è un caso isolato: uno studio del 2021, pubblicato sulla rivista Frontiers in Nutrition, ha analizzato le patatine fritte vendute in diversi fast food. I ricercatori hanno acquistato 20 porzioni da 10 ristoranti diversi e hanno scoperto che, nonostante le assicurazioni da parte dei ristoranti che l’olio utilizzato fosse senza glutine, 9 delle 20 porzioni erano contaminati.
Questo dato evidenzia quanto sia difficile per chi è sensibile al glutine avere certezze sulla sicurezza del cibo consumato nei fast food, anche se dichiarato senza glutine. Per chi soffre di celiacità o di una grave intolleranza al glutine, la scelta di mangiare nei fast food può essere rischiosa. Le contaminazioni incrociate sono frequenti e spesso invisibili, rendendo difficile per i consumatori fare una scelta informata.