Il premier Conte ha avanzato l’ipotesi di tassare le bibite gassate poco salutari per grandi e piccini, ma gli industriali alzano le barricate.
L’imposta sulle bibite gassate avrebbe lo scopo di salvaguardare la salute dei cittadini proteggendo, soprattutto i bambini, dall’assunzione di bevande troppo zuccherine. Il principio è molto simile a quello che ha portato alla tassazione delle sigarette. Ma gli industriali delle bibite si oppongono fermamente. “Preoccupano ricette economiche incentrate sull’aumento della pressione fiscale anziché tagli di spesa pubblica – scrive in una nota Assobibe, l’Associazione italiana degli industriali delle bevande analcoliche -. Non costruttivi approcci demagogici in cui si diffondono informazioni non corrette e diseducative, come la dannosità di un bicchiere di aranciata, contrarie alle imprese che investono e creano occupazione in Italia”.
La tassa potrebbe mettere a rischio posti di lavoro in seguito a una contrazione delle vendite. Secondo le stime si avrebbe una riduzione delle vendite pari al 30%, minori consumi finali per l’11% del valore, 10.000 occupati a rischio nelle imprese che operano a monte (fornitori agricoli e non), nella produzione-imbottigliamento, a valle (commercio). “Con conseguente minor gettito Iva (-11%) e minor gettito da tasse da lavoro-reddito (-15%)… Non si comprende – si legge ancora nella nota – la motivazione per valutare penalizzazioni ulteriori al mercato di bibite zuccherate già in contrazione costante da 10 anni (-25% di litri venduti) e assoggettata da una aliquota Iva del 22% rispetto alla media Ue applicata al settore del 16%”. Secondo gli industriali delle bevande è “difficile favorire crescita e occupazione con la demonizzazione o la discriminazione di singoli settori industriali, dimenticando peraltro le garanzie costituzionali su concorrenza e proporzionalità delle misure”.