L’avvento della cosiddetta “Fase 2” ha portato nel nostro Paese non solo una ventata di (cauto) ottimismo e libertà, ma anche speranza e rinnovata (per quanto possibile) fiducia per il futuro. Molti i ristoranti che ora stanno puntando su asporto e delivery.
I ristoratori sono state tra le categorie di lavoratori più colpiti durante il periodo del lockdown, durato quasi due mesi, e ora si stanno adoperando per poter ripartire e far ripartire i propri affari. In molti già ad aprile si sono attivati con il servizio delivery, opzione che ha permesso di tornare a lavorare (certo a ranghi ridotti) per garantire un minimo di entrata mensile.
Dopo il delivery da pochi giorni è il turno dell’asporto: i ristoranti tornano a lavorare a regimi più elevati, per garantire anche alle molte persone, tornate alle proprie occupazioni, di avere un pasto da poter prendere e consumare.
Proprio di queste due rinnovate “formule” abbiamo parlato con Claudio Brugioni, chef del locale romano La Fraschetta di Castel Sant’Angelo, caratteristica “locanda” della Capitale che ha intrapreso la strada del delivery già da qualche settimana e che ora sta lavorando anche per garantire il servizio d’asporto.
Di fronte a Castel Sant’Angelo a Roma, nata per volere di due fratelli uniti nel settore della ristorazione romana, la Fraschetta è una piccola realtà in cui la parola d’ordine è convivialità e lo scopo è far sentire il cliente come a casa propria.
L’approccio molto informale e confidenziale è tra i segreti del successo del locale che, prima della chiusura, era frequentato sia da clientela romana che turistica.
La cucina romana è, ovviamente, il primo comandamento che vige nelle cucine della Fraschetta di Castel Sant’Angelo.
Tra delivery, asporto e riapertura, abbiamo chiesto allo chef del locale come ci si sta muovendo in questo periodo così complicato e incerto.
Chef, che tipo di cucina proponete? Quali pensi siano i vostri “piatti forti”?
La cucina proposta è tipicamente romana. Il menù alla carta presenta i piatti principali della tradizione, dalla gricia alla carbonara, passando per la coda alla vaccinara e i saltimbocca alla romana, trippa, coratella ecc. Diciamo sono questi la colonna portante della nostra offerta, assieme al rispetto per la ricetta tradizionale e originale. Tradizione e ricette classiche che però non sono un vincolo, in quanto a volte attuiamo anche una cucina più libera e sciolta da questi legami.
Come avete affrontato questi due mesi di chiusura forzata?
Diciamo che la situazione non è delle più favorevoli, in quanto mancano anche sussidi da parte del Governo, soprattutto per le piccole e medie imprese. L’affitto lo chiedono, le bollette vanno pagate, così come i dipendenti (molti in cassa integrazione, che però ancora non è arrivata). Si tratta di una situazione per nulla felice, considerato che abbiamo anche rinnovato da poco il locale, con tutte le spese che ha comportato. Stiamo cercando comunque di ripartire col delivery e l’asporto e per la prima volta stiamo investendo sulla comunicazione social e digitale per “spargere la voce“, appoggiandoci anche a un’agenzia esterna.
Come vi siete adoperati, invece, per il servizio delivery?
L’abbiamo avviato 10 giorni fa. I piatti proposti al ristorante sono difficilmente adatti per essere trasportati, per questo abbiamo fatto un menù appositamente per delivery. Per ora siamo noi dipendenti che riceviamo ordini, sia via social che cellulare, e consegnamo in tutta Roma. Cerchiamo comunque di variare spesso il menù per offrire diverse proposte sempre nuove. Il paragone rispetto al pre lockdown rimane comunque impietoso: procediamo a ranghi molto ridotti e lavoriamo un decimo di quello che lavoravamo prima.
Quali piatti stanno andando per la maggiore? C’è stata una preferenza verso i primi o i secondi?
Come detto è stato necessario adattare il menu al servizio delivery. Prepariamo paste in teglia, come le lasagne, oppure mandiamo il prodotto freddo a casa e il cliente, con istruzioni da noi fornite, può terminare la cottura. Realizziamo poi al ristorante una linea di salse già pronte, per esempio per carbonara, cacio e pepe e gricia, abbattute e messe sotto vuoto e consegnate a casa, così il cliente può utilizzarle quando vuole e ha un prodotto simile a quello che può trovare al ristorante. Non c’è una grande differenza tra primi e secondi (coda e trippa sono i più richiesti) per quanto riguarda vendite e ordini, ho notato una divisione equa.
Quali sono i giorni con maggiori richieste?
Sicuramente il weekend, infatti stiamo pensando di limitarci alle consegne nel fine settimana. Si potrà ordinare comunque dal lunedì al giovedì ma le consegne avverranno dal venerdì alla domenica. Poi quando il locale riaprirà a pieno regime, cioè tutti i giorni, il delivery verrà ripreso anche nel resto della settimana, anche per garantire occupazione a tutti i dipendenti della Fraschetta.
Vi siete attivati anche per quanto riguarda il servizio d’asporto? Il cliente è libero di scegliere dall’intero menu o avete delle proposte già prestabilite?
Sì, ci siamo attivati, rispettando ovviamente tutte le normative. Si può scegliere tra l’intero menù del delivery e possiamo fare espresse le paste romane, realizzate al momento. Una soluzione “accolta” soprattutto da chi abita in zona, che quindi può tornare a casa e mangiare carbonara, gricia o cacio e pepe ancora calde.
Per chiudere, vi state organizzando in ottica apertura (se sarà confermata) dal 1 giugno?
Non vediamo l’ora di aprire, ma temiamo che non si potrà fare già il 1 giugno, in quanto ancora non ci sono state riferite regole ben precise da seguire. Cercheremo di adeguarci sperando ci sia una vera normativa che venga incontro ai ristoratori. Abbiamo una zona pedonale di fronte al locale quindi confidiamo nel buon senso e nel consenso del Comune per mettere i tavoli di fuori e garantire così maggiore sicurezza e distanziamento. Noi comunque ci siamo attrezzati con mascherine e guanti, in più abbiamo sanificato il locale. Siamo pronti e carichi: speriamo di poter accogliere presto i clienti. L’appello è, appena possibile, andate a mangiare fuori!
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