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Dallo zafferano una cura sperimentale contro l’Alzheimer

Lo zafferano è una pianta utilizzata per scopi culinari ma anche terapeutici. Sin dai tempi degli antichi arabi venivano attribuite proprietà antidepressive, capace di indurre il buonumore. Inoltre da secoli è risaputa la sua capacità analgesica e come rimedio per problemi gastrointestinali: le proprietà sedative ed antinfiammatorie dello zafferano aiutano a calmare lo stomaco ed a ridurre le infiammazioni.

Ma le recenti ricerche scientifiche hanno dimostrato che fa bene al cervello. Grazie alle proprietà antiossidanti dei carotenoidi anche la memoria e la capacità di apprendimento traggono benefici dall’assunzione della preziosa polverina.

Secondo uno studio italiano lo zafferano agisce un po’ come un abile spazzino, “favorendo la degradazione della proteina beta-amiloide, la proteina tossica principale indiziata di causare la malattia di Alzheimer, almeno nel nostro studio condotto su cellule di pazienti in provetta”. A spiegarlo all’AdnKronos Salute è Antonio Orlacchio, direttore del Laboratorio di Neurogenetica del Centro europeo di ricerca sul cervello (Cerc) dell’Irccs Santa Lucia di Roma e professore di Genetica medica all’Università di Perugia, autore di uno studio pubblicato sul ‘Journal of the Neurological Sciences’.

Questo studio effettuato a livello cellulare potrebbe portare alla realizzazione di nuovi farmaci mirati contro l’Alzheimer. Merito di un antiossidante chiamato trans-crocetina, in grado di potenziare la degradazione della proteina tossica beta-amiloide, attraverso l’attività di un enzima di degradazione cellulare “chiamato catepsina B. Il tutto – continua Orlacchio – senza che a livello cellulare sia emersa alcuna forma di tossicità. I nostri dati suggeriscono che dallo zafferano si potrebbe dunque ricavare un farmaco anti-Alzheimer”.