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Barilla dice no al grano canadese al glifosato

Barilla ha scelto di rinunciare al grano canadese trattato con glifosato prima del raccolto. Emilio Ferrari, direttore degli acquisti dell’azienda, ha sottolineato che “al momento Barilla non ha firmato nessun contratto per l’importazione del grano dal Canada” e annunciato che il marchio italiano ha “aggiornato i parametri qualitativi per questa materia prima strategica e chiede “ai produttori di grano duro di tutti i Paesi di non usare il glifosato prima del raccolto”.

Gli agricoltori italiani si sono detti disposti ad aumentare la produzione di grano duro in Italia, dove è vietato l’uso del glifosato in preraccolta, in cambio di una giusta remunerazione. Un passo in avanti molto importante per il made in Italy, considerando che un pacco di pasta su sette prodotto in Italia è fatto con grano canadese. Si tratta di “una svolta storica della principale industria pastaia del mondo che risponde alle sollecitazioni che vengono dai consumatori che chiedono garanzie di sicurezza alimentare. Un cambiamento che ha portato – sottolinea la Coldiretti – al prepotente ritorno dei grani nazionali antichi come il Senatore Cappelli e alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, da Ghigi a Valle del grano, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, da FdAI firmato dagli agricoltori italiani fino a “Voiello”, che fa capo proprio al Gruppo Barilla, senza dimenticare molte linee della grande distribuzione”

Le importazioni dal Canada di grano duro erano crollate già l’anno scorso del 39,5%, grazie anche all’entrata in vigore del decreto con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano impiegato. Adesso Barilla ha scelto di investire 240 milioni in progetti che coinvolgono 5000 imprese agricole italiane che coltivano una superficie di circa 65 mila ettari “con un incremento del 40% dei volumi di grano duro italiano nei prossimi tre anni. “La scelta di Barilla è una buona notizia perché dimostra la capacità di un`azienda di rispondere alla preoccupazioni dei consumatori del nostro Paese che chiedono pasta fatta con il grano italiano ma anche di sostenere l’economia e l’occupazione sul territorio contro la delocalizzazione”, ha precisato il Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. Ricordiamo che l’Italia detiene il primato di produzione di pasta a livello mondiale con 3,2 milioni di tonnellate all’anno davanti a Usa, Turchia, Brasile e Russia.