8 pesci su 10 consumati in Italia arrivano dall’estero, spesso senza che i consumatori lo sappiano. Soprattutto sui prodotti consumati al ristorante, a causa dell’assenza dell’obbligo di indicazione di origine sui piatti serviti, che consente di vendere per nostrani prodotti stranieri.
Ogni anno nei mari italiani si pescano 180 milioni di chili di pesce cui si aggiungono oltre 140 milioni di kg prodotti in acquacoltura, mentre le importazioni dall’estero hanno superato il miliardo di chili, secondo un’analisi su dati Istat relativi al 2018. Una frode in agguato sui banchi di vendita in Italia e soprattutto nella ristorazione dove non è obbligatorio indicare la provenienza. Tra le beffe alimentari più diffuse “c’è il polpo del Vietnam spacciato per nostrano, lo squalo smeriglio venduto come pesce spada, il pesce ghiaccio al posto del bianchetto, il pagro invece del dentice rosa o le vongole turche e i gamberetti targati Cina, Argentina o Vietnam, dove peraltro è permesso un trattamento con antibiotici che in Europa sono vietatissime in quanto pericolosi per la salute”, spiega la Coldiretti.
Un rischio confermato dai dati del Rassf, il sistema europeo di allerta rapido che, su un totale di 399 allarmi alimentari segnalati nel 2018 nel nostro Paese, ha visto ben 154 casi riguardare proprio il pesce (101) e i molluschi bivalvi (53). Dal pesce spagnolo sono arrivati ben 51 allarmi, a causa di eccessiva presenza di metalli pesanti. Al secondo posto gli arrivi dalla Francia con 39 casi, di cui ben 26 riguardanti la presenza del batterio Norovirus nelle ostriche. Dalla Nuova Zelanda è persino arrivato pesce scaduto.
L’unico sistema di garanzia per i consumatori italiani p la trasparenza sulla provenienza obbligatoria per legge. Passi in avanti sono stati fatti sull’etichettatura nei banchi di vendita, ma devono ora essere accompagnati anche dall’indicazione della data in cui il prodotto è stato pescato. Il consiglio è di consumare prodotti pescati nei mari italiani, in Corsica o Malta.